Generazione Zeta: meglio disoccupati che infelici
19/05/2022

Per la Generazione Z la vita personale è più importante del lavoro e della carriera. E’ un cambio di paradigma radicale rispetto alla visione di quelle generazioni, Veterans e Boomers, per cui il lavoro e la realizzazione professionale erano componenti determinanti, se non basilari, della propria felicità. Da una recente ricerca di Randstad, una delle più importanti agenzie di ricerca lavoro al mondo, emerge che per gli Zoomer, come vengono anche chiamati gli esponenti della Generazione Z (18-24 anni), al primo posto c’è la felicità: il 56% di loro infatti afferma che lascerebbe il lavoro se impedisse loro di “godersi la vita”, contro il 38% della fascia 55-67 anni. Altra priorità è essere soddisfatti del proprio impiego: il 40% degli Zoomer preferirebbe essere disoccupato piuttosto che svolgere un lavoro che non gli piace. Non si tratta però di prendere sottogamba la propria carriera, quanto piuttosto di trovare un migliore equilibrio tra vita privata e lavorativa. E per questo non hanno paura di lasciare il proprio impiego: lo dice il 41%.
Da un’altra indagine di Deloitte risulta infatti che i nativi digitali (Generazione Z su tutti) si aspettano oggi, più che in passato, di poter lavorare anche da remoto o, almeno, con una formula ibrida e flessibile che consenta loro di trovare un equilibrio tra il proprio benessere e la produttività aziendale.
Un’attenzione rinnovata al benessere, ricercato sempre più non solo fuori dall’ufficio, ma anche nell’ambiente lavorativo. E in tutto questo il lavoro in hotel o al ristorante ha perso clamorosamente di attrattività … come testimonia anche il crollo delle iscrizioni nelle scuole alberghiere.
Appare evidente dunque l’allontanamento delle giovani generazioni dal lavoro nel settore turistico, al quale (è notizia di questi giorni) mancano oltre 350mila lavoratori. Sarà perché gli Zoomer vivono ancora a casa con i genitori, non pagano l’affitto e godono del servizio tutto compreso? O perché non hanno più interesse a lavorare il sabato e la domenica? O perché alcune proposte di lavoro sono assolutamente indecenti? Il fatto è che comunque c’è un allarme al quale bisogna dare una risposta. Risposta che spesso e volentieri gli operatori del settore, albergatori e ristoratori, devono trovare all’interno del loro nucleo familiare.



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