C’è chi tenta la formula dell’accoglienza fai da te, con la registrazione digitale, senza breakfast, pulizia e igienizzazione affidate a terzi. Che costa di più, ma funziona, perché vuol dire meno problemi per la proprietà.
Stanno crescendo gli hotel HHZ ovvero Human Hospitality Zero, senza classificazione. Qualche viaggiatore curioso c’è, arriva, alloggia e fa un test da 24h, poi decide se il “disagio” conviene. Ma c’è convenienza economica? Talvolta sì. Gli imprenditori che osano sono spesso gli stessi, bravi, esperti che sfidano le regole e l’eziologia dell’ospitalità. Quindi la sfida è attuale. I pionieri sfidano la prateria dell’ospitalità senza tenere conto delle patologie di un sistema di viaggiatori e turisti che chiedono di alloggiare in sicurezza e di riposare in relax e tranquillità… almeno come a casa. Ma l’italiano pure parsimonioso, dopo una notte di riposo standard, pretende di sedersi in spazi animati per un caffè e un croissant serviti a tavola. Senza caffè servito potrebbe non trovare la forza di ritornare. I viaggiatori ospiti, pure avari, non sono pionieri e soffrono il deserto dei corridoi e la desolazione di un hotel che ti nega servizio e human touch. Risposta prevedibile del mercato: la room occupancy dei motel statunitensi è del 35% su base annua… se ci si accontenta.
Possiamo immaginare che l’attuale offerta di alloggio economy, no frills, sia simile a quella dei 20mila motel statunitensi che esistono dagli anni ’60, però con patologie esplosive. In sostanza, la formula “hotel senza personale” non sarebbe affatto nuova, innovativa e soprattutto “redditizia”. |